Ci si può chiedere: in pratica che cosa deve fare un lettore per prepararsi a leggere una lettura? Si può rispondere suggerendo una serie di operazioni che gli consentono di studiare e approfondire progressivamente e sotto i diversi aspetti il testo.
1. Sapere con congruo anticipo quando e che cosa si dovrà leggere: ciò comporta l’esistenza del gruppo lettori, che si deve occupare anche di stabilire turni di lettura; bisogna fare di tutto per evitare di scegliere un lettore poco prima della celebrazione (o addirittura a celebrazione già iniziata).
2. Leggere il testo per capirne bene il significato, aiutandosi eventualmente con un commento e partecipando inoltre alle riunioni del gruppo liturgico parrocchiale (per poter fare ciò è indispensabile che ogni lettore possegga un messalino).
3. Individuare il “genere letterario” del testo, facendosi almeno un’idea del libro da cui è stata tratta la lettura e del tipo di lettura.
4. Cercare le parole o frasi chiave del brano, perché è su di esse che dovrà centrare l’intera lettura.
5. Studiare il testo dal punto di vista tecnico allo scopo di leggerlo correttamente, ovvero: andare alla ricerca della cosiddetta “punteggiatura orale” della lettura (pause, incisi, cambiamenti di intonazione, di ritmo, ecc.), mettere in evidenza le parole di difficile pronuncia, il tipo d’interpretazione adatto, ecc.
6. Leggere ad alta voce la lettura più volte, cioè fare vere e proprie prove, possibilmente di fronte a qualche ascoltatore o anche al registratore. Di fronte a questa scaletta di preparazione il lettore non deve, ovviamente, spaventarsi: come in tutte le cose non è necessario fare tutto subito. Ma è bene procedere per gradi, cercando di assimilare questi principi progressivamente e soprattutto verificandoli ogni domenica attraverso l’esperienza diretta. Ciò che non deve mai venir meno è lo sforzo continuo di mettere in pratica, un po’ per volta, tutte queste cose, cominciando con il preparare ogni volta la propria lettura, con costanza ed impegno.
Molto spesso, anzi quasi sempre, si usa la stessa parola “leggere” per indicare due azioni molto diverse: leggere per sé e leggere pubblicamente, per gli altri. Nella prima azione si può anche non usare la voce, mentre per la seconda la voce è indispensabile. Questa confusione di significati comporta diversi equivoci, primo fra tutti il ritenere che non sia necessaria alcuna competenza specifica, né che ci si debba preparare, per leggere durante una celebrazione liturgica. Le conseguenze di questi equivoci le conosciamo tutti: persone che vengono incaricate di leggere alcuni secondi prima della celebrazione (o addirittura a celebrazione già iniziata); lettori che, giunti all’ambone, vedono per la prima volta il brano da leggere (quante volte succede che viene letto un brano della domenica precedente o di quella successiva!); lettori che leggono male (troppo in fretta, senza senso, con cantilena, in modo non adatto al tipo di lettura, senza tener conto di avere un microfono, ecc.…); letture affidate a bambini e ragazzi, che ovviamente non possono comprenderle a fondo e quindi nemmeno trasmetterne il contenuto, e tante altre disfunzioni analoghe.
Tutto ciò comporta una conseguenza precisa: la Parola di Dio non giunge all’assemblea e la liturgia della Parola viene così ad essere decapitata. Inoltre, anche l’omelia perde parte della sua efficacia, poiché è molto arduo, se non impossibile, spiegare ed attualizzare letture che non sono state capite e forse nemmeno ascoltate. Che cosa si può fare per cercare di risolvere problemi così importanti? Anzitutto far sì che i lettori si rendano conto che spesso il lasciarsi andare all’impreparazione, all’improvvisazione, alla trascuratezza equivale a “prendere in giro” Dio e l’assemblea; che un tale modo di comportarsi, umanamente parlando, non è serio e, cristianamente, è irriguardoso sia verso la Parola di Dio, sia verso i fratelli nella fede. L’aver preso coscienza di quanto siano importanti le leggi della comunicazione per la lettura in pubblico comporta poi che il lettore si sforzi di acquisire un’adeguata competenza tecnica, allo scopo d’imparare ad usare correttamente la propria voce e quindi consentire e favorire la trasmissione del messaggio che è chiamato ad annunciare attraverso la comunicazione orale, cioè la Parola di Dio. Quindi la tecnica usata, cioè il modo di leggere, d’interpretare il testo non è un di più, un lusso: è invece la prima condizione perché sia suscitato un minimo interesse di ascolto.
Utilizziamo i cookie per essere sicuri che tu possa avere la migliore esperienza sul nostro sito. Se continui ad utilizzare questo sito noi assumiamo che tu ne sia felice.Ok
Lettori
Questa è la sezione dei Lettori.
La preparazione delle letture
Ci si può chiedere: in pratica che cosa deve fare un lettore per prepararsi a leggere una lettura? Si può rispondere suggerendo una serie di operazioni che gli consentono di studiare e approfondire progressivamente e sotto i diversi aspetti il testo.
1. Sapere con congruo anticipo quando e che cosa si dovrà leggere: ciò comporta l’esistenza del gruppo lettori, che si deve occupare anche di stabilire turni di lettura; bisogna fare di tutto per evitare di scegliere un lettore poco prima della celebrazione (o addirittura a celebrazione già iniziata).
2. Leggere il testo per capirne bene il significato, aiutandosi eventualmente con un commento e partecipando inoltre alle riunioni del gruppo liturgico parrocchiale (per poter fare ciò è indispensabile che ogni lettore possegga un messalino).
3. Individuare il “genere letterario” del testo, facendosi almeno un’idea del libro da cui è stata tratta la lettura e del tipo di lettura.
4. Cercare le parole o frasi chiave del brano, perché è su di esse che dovrà centrare l’intera lettura.
5. Studiare il testo dal punto di vista tecnico allo scopo di leggerlo correttamente, ovvero: andare alla ricerca della cosiddetta “punteggiatura orale” della lettura (pause, incisi, cambiamenti di intonazione, di ritmo, ecc.), mettere in evidenza le parole di difficile pronuncia, il tipo d’interpretazione adatto, ecc.
6. Leggere ad alta voce la lettura più volte, cioè fare vere e proprie prove, possibilmente di fronte a qualche ascoltatore o anche al registratore. Di fronte a questa scaletta di preparazione il lettore non deve, ovviamente, spaventarsi: come in tutte le cose non è necessario fare tutto subito. Ma è bene procedere per gradi, cercando di assimilare questi principi progressivamente e soprattutto verificandoli ogni domenica attraverso l’esperienza diretta. Ciò che non deve mai venir meno è lo sforzo continuo di mettere in pratica, un po’ per volta, tutte queste cose, cominciando con il preparare ogni volta la propria lettura, con costanza ed impegno.
Le tecniche di lettura
Molto spesso, anzi quasi sempre, si usa la stessa parola “leggere” per indicare due azioni molto diverse: leggere per sé e leggere pubblicamente, per gli altri. Nella prima azione si può anche non usare la voce, mentre per la seconda la voce è indispensabile. Questa confusione di significati comporta diversi equivoci, primo fra tutti il ritenere che non sia necessaria alcuna competenza specifica, né che ci si debba preparare, per leggere durante una celebrazione liturgica. Le conseguenze di questi equivoci le conosciamo tutti: persone che vengono incaricate di leggere alcuni secondi prima della celebrazione (o addirittura a celebrazione già iniziata); lettori che, giunti all’ambone, vedono per la prima volta il brano da leggere (quante volte succede che viene letto un brano della domenica precedente o di quella successiva!); lettori che leggono male (troppo in fretta, senza senso, con cantilena, in modo non adatto al tipo di lettura, senza tener conto di avere un microfono, ecc.…); letture affidate a bambini e ragazzi, che ovviamente non possono comprenderle a fondo e quindi nemmeno trasmetterne il contenuto, e tante altre disfunzioni analoghe.
Tutto ciò comporta una conseguenza precisa: la Parola di Dio non giunge all’assemblea e la liturgia della Parola viene così ad essere decapitata. Inoltre, anche l’omelia perde parte della sua efficacia, poiché è molto arduo, se non impossibile, spiegare ed attualizzare letture che non sono state capite e forse nemmeno ascoltate. Che cosa si può fare per cercare di risolvere problemi così importanti? Anzitutto far sì che i lettori si rendano conto che spesso il lasciarsi andare all’impreparazione, all’improvvisazione, alla trascuratezza equivale a “prendere in giro” Dio e l’assemblea; che un tale modo di comportarsi, umanamente parlando, non è serio e, cristianamente, è irriguardoso sia verso la Parola di Dio, sia verso i fratelli nella fede. L’aver preso coscienza di quanto siano importanti le leggi della comunicazione per la lettura in pubblico comporta poi che il lettore si sforzi di acquisire un’adeguata competenza tecnica, allo scopo d’imparare ad usare correttamente la propria voce e quindi consentire e favorire la trasmissione del messaggio che è chiamato ad annunciare attraverso la comunicazione orale, cioè la Parola di Dio. Quindi la tecnica usata, cioè il modo di leggere, d’interpretare il testo non è un di più, un lusso: è invece la prima condizione perché sia suscitato un minimo interesse di ascolto.